Ci sono solo pochi artisti in grado di generare clamore globale senza aver nemmeno pubblicato un album… Fulu Miziki è forse uno degli esempi più improbabili. Il collettivo, venuto alla luce a Kinshasa circa dieci anni fa, fino a quest’anno non solo non aveva pubblicato un album, ma nemmeno un EP o un singolo. Tuttavia, sono diventati uno dei nomi più discussi nella scena beat globale perché sono un inno autentico, ritmico e rumoroso alla musica “fai-da-te” o alla musica da chilometro zero.
In un’epoca di crisi ambientale e rinnovata coscienza nei confronti della natura, la loro cosiddetta “musica spazzatura” è uno dei migliori esempi di impegno quotidiano per tornare a uno stile di vita più elementare e organico. Partendo dai propri strumenti artigianali e dai costumi di scena che recuperano e danno nuova vita a frammenti trovati sulle strade di Kinshasa, Fulu Miziki incarna il vero spirito di eco-guerriero diffondendo un messaggio militante di sensibilizzazione sui rifiuti ed educando i giovani alla pratica del riciclaggio.
È un collettivo di artisti afro-futuristico-punk il cui nome è in lingala – una delle quattro lingue ufficiali della Repubblica Democratica del Congo, già utilizzata da musicisti come Papa Wemba o Fally Ipupa – e le traduzioni in inglese e francese sono esplicite: “trash music” e “musique de la poubelle”. Ogni membro dei Fulu Miziki, infatti, fa una continua ricerca negli abbondanti cumuli di spazzatura che infestano Kinshasa e ne ricava materiale per costruire gli strumenti che, per lo più, sono composti da plastica, ferro e legno. «La musica è vita, è ambiente», è il loro slogan.
«Sì, la nostra forza trainante è principalmente il nostro ambiente, ciò che ci circonda, ma anche i nostri artisti più anziani che hanno provato a fare lo stesso», spiega Pisko Crane, fondatore del Kollektiv. «Stiamo parlando di musica, ma anche del look, dei costumi e delle maschere. Il Congo ha molti artisti, tradizionalmente siamo un Paese d’arte, puoi vedere tu stesso nel Museo dell’Africa in Belgio dove è stata conservata la nostra arte rubata. Man mano che cresciamo, le chiese svolgono un ruolo importante per noi: è lì che impariamo a cantare, a suonare gli strumenti».
Fra i loro maestri artisti come Pepe Kale, Franco Lwambo, Zaiko, ma anche Michael Jackson, la musica hip hop americana come Naughty by Nature. «Attualmente, siamo commossi da tutto ciò che suona bene ai nostri occhi. Di tanto in tanto ascoltiamo rumba congolese, afrobeat e ci piace anche la musica elettronica», dicono i Fulu Miziki, che sono Pisko Crane, Sekelembele, Abbe, Padou, Tsche Tsche, Deboul, Le Meilleur, Aicha, ma sul palco hanno sempre fino a dieci strumenti, ognuno creato dall’artista che lo suona. E alle loro esibizioni “rumorose” è legata la fama dell’ensemble eco-friendly: «È cominciato circa tre anni fa, quando abbiamo avuto alle spalle un team che ci ha aiutato a plasmare la nostra ideologia e decidere come trasmettere il nostro messaggio al mondo esterno. Ed è stato fantastico, le persone adorano quello che stiamo facendo e apprezziamo tutti coloro che vengono ai nostri concerti, ordinano la nostra merce e acquistano la nostra musica».
Le loro canzoni parlano di spaccio, politica, diritti umani e amore. «Questi sono gli argomenti che troviamo interessanti e possono condividere un messaggio con il pubblico. Ogni artista contribuisce a una canzone, con i suoi strumenti», spiegano. Canzoni che nascono a Kinshasa, la capitale del Congo, base del collettivo. «Kinshasa è tutto per noi, è il luogo in cui siamo nati, il luogo che ci ha offerto ciò che abbiamo ora e ciò che portiamo nel nostro futuro quando si tratta di arte. Le nostre strade sono estremamente vivaci; le persone si vestono con stile e molto elegantemente, i pastori sono rumorosi, le chiese sono enormi e anche extra. I funerali sono un evento così grande; la morte è molto celebrata e così anche il nascere. Siamo orgogliosi di ciò che abbiamo ottenuto finora e non vediamo l’ora di fare di più».