«In tempi come i nostri di comunicazione istantanea e di incontri virtuali, la figura del cantastorie, artista girovago e di strada, potrebbe apparire anacronistica. Io, però, continuo a credere in questo ruolo di autentica voce popolare». Nonò Salamone è uno degli ultimi cantastorie ed ha la fierezza di appartenere a una schiatta antica che risale al Medioevo e che da allora ha sempre raccontato il proprio tempo mescolando fantasia e cronaca e girando pazientemente per piazze e fiere.
Nato nell’entroterra della Sicilia, a Sutera, nel 1945, fin da ragazzo ha cantato nelle feste popolari di piazza, finché, a 17 anni, è stato costretto a distaccarsi per andare “a travagliari unni codda lu suli”, come recita nella sua seconda ballata in lingua siciliana. Emigra prima a Milano, poi in Germania: di giorno lavorava in un cantiere edile, di sera si esibiva con il suo complesso. Nel 1971 si trasferisce a Torino, e la nuova realtà di fabbrica, unita all’esperienza operaia a Milano e in Germania, suscita in Salamone l’esigenza di contribuire ad una maggiore conoscenza dell’autentica vicissitudine del popolo siciliano attraverso il teatro dialettale e la canzone popolare. Segnalato a un regista piemontese in cerca di un attore siciliano che sapesse cantare e suonare la chitarra per realizzare uno spettacolo sulla poesia di Ignazio Buttitta, “Lu pani si chiama pani”, viene sottoposto a un provino. Lo supera. Non solo. Stringe amicizia con il poeta di Bagheria, per il quale musicherà successivamente molte delle sue opere.
Nonò Salamone è anche stato ospite di vari programmi, tra cui “Uno mattina” e “Cronache italiane”. Ha partecipato alle rassegne musicali nazionali e internazionali più importanti del settore. La sua storia è stata raccontata anche da diverse emittenti straniere. Nel 1992 riceve il premio Rosa Balistreri a Palermo, al Beaubourg di Parigi è protagonista dello spettacolo “La rivoluzione del cantastorie” esibendosi poi in molti spettacoli tra gli emigranti italiani in Germania, Francia, Belgio, Svizzera, Inghilterra, America, Canada Argentina, Cile. Ha partecipato a trasmissioni televisive della BBC (Inghilterra), della CDF e WDR (Germania) e per la televisione Svizzera. Diverse sono state le trasmissioni radiofoniche con la Rai. Ha inciso decine di dischi ed è stato oggetto di studio di tesi di laurea. Il suo nome figura nelle raccolte della Curcio e della Fabbri Editori, insieme a cantautori del calibro di Domenico Modugno e Roberto Murolo.
Per il cantastorie, gli spazi più congeniali sono la piazza e le fiere, dove ha la possibilità di instaurare un rapporto diretto con vecchi e giovani. In una società in cui l’analfabetismo imperava e l’oscurantismo era favorito, con il solo aiuto della chitarra e dei “cartelloni”, ha sostituito i giornali, la radio, la televisione in tempi in cui questi mezzi di comunicazione non esistevano… Se, a quell’epoca, era un “giornalista di cronaca”, che “cuntava” fatti d’attualità e di vita quotidiana, oggi il cantastorie è un “giornalista da terza pagina”: racconta notizie di ieri e di oggi per tenerle vive a sé stesso e al pubblico, per approfondirle, commentarle, darne anche giudizi e trarne una morale. Interpreta, soprattutto, il pensiero delle persone comuni, diventa lo specchio della sua gente. Le porge con una cornice musicale più curata e le presenta nei teatri e nei festival.
Questo è Nonò Salamone, che per la sua arte è stato iscritto nel Libro dei Tesori Umani Viventi con la seguente motivazione: «Considerata la rilevanza culturale della figura del cantastorie nella storia della cultura collettiva siciliana, di cui Nonò Salamone risulta essere uno dei più rinomati e meritevoli rappresentanti, la commissione ha ammesso per chiara fama l’iscrizione nel Registro delle Eredità Immateriali della Sicilia».
Questo è Nonò Salamone, che sabato 25 giugno sarà tra i protagonisti della “Notte dei cuntastorie” al Castello Ursino di Catania nell’ambito del preludio alla XIII edizione del Marranzano World Fest.